Il destino nel nome

Chi è affetto dal “complesso del provinciale” come me sicuramente sa di cosa sto parlando: di quella sensazione di inadeguatezza perenne che perseguiterà noi poveri (macchè poveri, almeno per noi il traffico è davvero limitato) cristi che viviamo in una qualsiasi provincia italiana (al sud come al nord, passando per le isole, delle caratteristiche sono proprio uguali) rispetto ai nostri coetanei cittadini piùnavigatipiùspigliatipiùemancipati. L’inadeguatezza aumenta se, nella fatidica scelta dell’università, si persevera diabolicamente nel rimanere impantanati nella provincia cronica (ebbene si, prima di abbandonarli perché ho superato con -quasi- successo quella fase da post adolescente maledetta nessunomicapiscetrovorifugiosolonellabarbadifrancescobianconi , anche io pecco per aver seguito i Baustelle fino a “i mistici d’occidente” almeno, faccio outing). Comunque dicevo; per ignoranza (nel senso che ignoravo), per pigrizia, mancanza di mezzi o altro, ho scelto di rimanermene bellina bellina in sede e di iscrivermi ad una facoltà a tre chilometri di distanza.

I pro di una scelta così comoda: posso andare all’uni in bici e posso svegliarmi mezz’ora prima dell’inizio della lezione.

I contro: da dove volete che inizi?

Non mi perdonerò mai per questa scelta; ma rimanermene a casa mi ha permesso tante cose, ho potuto lavorare e così arricchire il mio curriculum vitae con esperienze utilissime (crediamoci), ho potuto godere della compagnia amorevole della mia famiglia (ma chi cazzo voglio prendere in giro?) e ho potuto continuare a fare la bambocciona parassita, cosa che davvero non mi riesce male, a detta di mia madre.

Ma non è questo il mio rammarico più grande; scegliendo di rimanere a Caserta e di non fare la pendolare verso la grande metropoli napoletana, per dirne una, ho evitato l’incontro della vita: quello con il prof Eduardo Federico, con cattedra nella facoltà di lettere e filosofia alla Federico II. La sua leggenda lo precede, e con essa le sue analisi attente in onomastica: in pratica il prof dal nome sa dirti le caratteristiche precise di una persona. Lasciate stare quei giochini idioti su fb, che dal nome ti dicono che sei una persona sensibile ma decisa, instancabile faticatrice, dalla voce sexy, qui si parla di saggezza popolare e studio accedemico, realtà teorica e pragmatismo fusi insieme. Ed io a questa cosa dei nomi, devo dire la verità, c’ho sempre un po’ creduto…aumentando o distruggendo i miei pregiudizi da provincialotta qual sono, e che lo diciamo a fà.

Se ti chiami Lorenzo, per esempio, sei una persona interessante, un compagnone, un buono di cuore. Certo, il mio ultimo fidanzato si chiamava così e siamo finiti a paccheri almeno un paio di volte, se ricordo bene…ma ti chiami come Lorenzo Jovanotti (e come mio fratello, se proprio vogliamo dirla tutta) non so se mi spiego, potrai avere pure qualche difetto, ma con me avrai sempre una chance.

Con una Giulia non si può competere; ce l’hanno nel dna, quelle…non so perché, ma me le immagino tutte bionde con gli occhi chiari, c’avranno tutte il sangue svedese stè tipe, tutte spigliate, tutte che ci sanno fare con i ragazzi…Insomma, l’incubo di qualsiasi adolescente insicura, dalle medie in sù.

Se ti chiami con un nome a caso tra Umberto, Alberto, Roberto, sappi che ti guarderò sempre con affetto perché mi ricordi (oltre al sempre amato A. A., Alberto Angela, l’eroe della divulgazione scientifica in Italia e, oserei dire, nel mondo) un caro amico di infanzia con cui se mi ci incontrassi ora avrei così poche cose in comune che mi troverei in imbarazzo dopo due minuti; ma sappi anche che sarebbe davvero difficile per me non confondere questi tre nomi, quindi accetta che ti chiami alternativamente con uno di questi, o tutti e tre contemporaneamente.

vi renderò orgogliosi, Angela!

Se sei un Fabio ti troverai, tuo malgrado, ad essere il mio migliore amico (o la mia migliore amica): il mio punto di riferimento (asessuato) nel mondo maschile e il mio antistress sul lavoro come nel tempo libero (scientificamente provato con due Fabii di due latitudini differenti)…e poi, altro che diamante, un Fabio è per sempre.

Avrai fatto sicuramente la scout se ti chiami Federica, sarai una tipa abbastanza sicura di te e un’utile risorsa per qualsiasi problema logistico, come allestire un mini tendone da circo in un giardino pubblico o sistemare una decina di amache con la sola imposizione delle mani oppure, più semplicemente, montare una tenda che non sia una quequa 2 seconds; forse avrai tutta questa voglia di fare per riscattarti dalla rima con mano amica che dalle medie ti viene ripetuta come se fosse davvero una battuta simpatica o forse no, magari stì scout un po’ di sicurezza in se stessi la danno davvero.

"non esiste buono o cattivo tempo ma solo buono o cattivo equipaggiamento" , stà massima di Baden Powell me la ripeto ad uso mantra per sedare le mie ansie da bagaglio a mano...è solo un buon equipaggiamento!
“non esiste buono o cattivo tempo ma solo buono o cattivo equipaggiamento” , stà massima di Baden Powell me la ripeto ad uso mantra per sedare le mie ansie da bagaglio a mano…è solo un buon equipaggiamento!

Potrei continuare all’infinito con questa fiera della banalità, potrei dire che se ti chiami Giuseppe mi ricordi quel mio compagno delle medie un po’ cicciottello ma simpatico che ha deciso di fare l’alberghiero e ha incominciato a lavorare a 16 anni, ora non solo è dimagrito, si è comprato una casa e tra poco si sposa mentre tu guadagni 200 euro al mese facendo tutta un’altra cosa rispetto ai tuoi studi e ringrazi pure il cielo che almeno stè tasse universitarie pè stò giro stanno coperte;

se ti chiami Francesco mi ricordi quel mio amico col barbone, appunto, da francescano che con un lenzuolo marrone addosso potrebbe fare il cosplayer di Padre Maronno al Comicon;

se ti chiami Gianfilippo sei sicuramente un ispettore Siae venuto a romperci le palle ad una serata nella nostra associazione, convinto che sia un locale, non capendo che no, noi non siamo un locale e soprattutto non guadagnamo come un locale…

Potrei continuare, ma la finisco qui…tutto per dire che, alla fine della fiera, io ho degli irrisolti con il mio, di nome: mi chiamo Benedetta, e la cosa mi ha creato paturnie dai 4 anni in poi…dal passare agli imbarazzanti “ma che bel nome!” delle amiche di mia mamma (tutte vecchie rimbecillite, chiamate le figlie vostre, Benedetta, se tanto vi piace!) a quell’odioso PeneTetta che mi hanno affibbiato in quarto ginnasio passando per il nudo e crudo dramma del mio nome…

Se ti chiami Benedetta sei per forza una brava ragazza, una col destino indissolubilmente legato alla chiesa (porto ancora i segni di sedici anni di azione cattolica seppur abbia abbandonato quel mondo, da buona cristiana ipocrita, appena dopo la cresima), una dal visino angelico, una che non ce la passeresti nà notte di fuego con lei…insomma…non ti ispira come una Samantha (aridaje)…Ci sto mettendo una vita a farmi una cattiva reputazione, una roba che manco tatuaggi, piercing e ribellioni (post)giovanili riescono a competerci…come la papera di “Papaveri e paperi” (altissimo trauma infantile) sento una vocina che mi ripete…”sei nata Benedetta, che cosa ci vuoi far?”

PAPAVERI E PAPERE (spartito)