Prometto

fb_img_1479033427941

Presentarmi alla visita dalla nutrizionista con dei calzini con degli hot-dog disegnati su avrebbe dovuto mettere le cose in chiaro. Invece questo gesto è stato il presagio che, in futuro, gli hot dog e tutto quello che c’è di più succulento in un puorco, avrei potuto vederli solo sui miei bei calzini amaranto, presi dal reparto maschile di HM, perché non ho ancora capito come mai in quello femminile è tutto un arcobaleno e unicorni svolazzanti. Abbiamo bisogno degli unicorni, sia ben chiaro; gli unicorni sono dei rinoceronti che ce l’hanno fatta, quindi benvengano ma non imponeteceli, dando per scontato che ogni essere vulva-dotato li preferisca a qualsiasi altra cosa (ah, no… ora che ci penso c’era anche una felpa con del sushi disegnato… ma io, dopo l’intossicazione alimentare dell’ultima volta non voglio vedere un chicco di riso avvolto da un’alga per i prossimi tre mesi).

Morale della favola (della nutrizionista): analizzando le mie vecchie analisi, facendoci due chiacchiere su quante volte mi si gonfi la pancia, comedoveeperché, è uscito fuori che ho una sorta di ipersensibilità al glutine, che con l’intolleranza al lattosio e l’allergia al nichel compone un Trio delle Meraviglie che non augurerei nemmeno a quella che mi ha scippato il ragazzo, un po’ di tempo fa (tra l’altro, proprio ieri, nel giorno dell’ammore ho scoperto che sono andati a convivere lì, nella Terra del Luppolo. Forse è meglio così, dato che non posso nemmeno guardarlo da lontano, ora, un luppolo). Il rischio, nel continuare a fregarmene e sbafanarmi etti di farina di grano duro e puro, è che a poco a poco mi vengano delle ulcere con tutto il carnet di fastidi del caso… e per quanto spesso sia stupida e autolesionista no, le ulcere non per cause alcoliche o sentimentali… no. Se proprio devo perire di stomaco, voglio perirci come il Bukowski con le tette della situazione, altrimenti niente.

Tutta questa faccenda coincide con un periodo bello nuovo, e questo mi sembra solo un tassello in più: ho promesso a me stessa che avrei sradicato alcune pessime abitudini che trascino da quasi trent’anni, e lo spirito Jovanottiano del iopenshoposhitivo che alberga in me da due lunghissimi decenni mi ha portato a cercare di capire perché anche quando mangio due biscotti al mattino mi senta male. L’ho scoperto; mi spaventa il pensiero di dover rivoluzionare tutto, ma mi emoziona anche. Se un problema reale si sta risolvendo, anche i suoi benefici reali non tarderanno a mostrarsi. E, a quel punto, saprò che ne è valsa la pena.

È sempre questione di promesse. E le promesse più difficili sono quelle che facciamo a noi stessi, prima di addormentarci; quelle che non raccontiamo a nessuno così non abbiamo nessun cazzìatore ufficiale che ci rammenti che non stiamo facendo nulla per metterle in pratica; quelle che più rimandiamo il primo passo per compierle, più ci sembrano pesanti e insormontabili.

E allora io prometto:

di rispettare questa nuova dieta, ma non mi autoflaggellerò se mi verrà voglia di un amaro a fine serata;

di perdonarmi per i miei ritardi cronici, il mio essere ostinata, il mio non arrendermi all’evidenza;

di perdonarlo, non tanto per lui, eh… ma perché io merito di pensare a tutta quella faccenda (e, allargandoci, a tutte le faccende da Piccoliproblemidicuorenatidaun’amiciziacheprofumad’ammore) con serenità, perché solo i cuori leggeri riescono a volare alto, volare oltre (e pure un po’ per lui, che alla fine non è stato proprio tutto stò Hannibal Lecter della situazione);

di silenziare il cellulare per un’ora e concentrarmi su quello che faccio, e basta;

di rifuggire dalle lamentele sterili degli altri… esistono le moleskine, non gli amici, per sfogarsi senza pietà e maturità;

di portarmi ancora, e ancora, e ancora, e ancora, a vedere casa mia dalla cima di una montagna, fosse solo la montagna che ho sempre guardato dalla mia finestra, quella che significa “sei tornata a casa“, quella di cui prima o poi mi tatuerò il profilo.

Stamattina il cielo era sgombro, non c’era una nuvola e io mi sentivo raggiante.

Marzo è vicino, e io aspetto come un’innamorata impaziente quei nuovi colori.

Il coraggio di vivere, quello, forse già c’è.

15022017
e, intanto, c’è anche una nuova playlist

Che sia benedetta (ma non troppo)

Come molte volte ho contemporaneamente rovinato e migliorato la vita di me medesima (e ne sono uscita-più o meno-indenne)

Un paio di settimane fa ho partecipato, abbastanza inconscientemente, ad una Catena di Sant’Antonio 2.0 che consisteva nello scambiare libri: tu ne mandi uno a un indirizzo che ti passa di soppiatto un tuo contatto e quindi giri l’indirizzo di questo ai primi sei che mettono mipiace al post riguardante questa catena. È come i Secret Santa che organizzano le blogger fighe e seguite da millemila followers solo che, quando ho messo il mipiace, stavolta, non avevo capito di essermi ritrovata in un circuito di scambisti di carta stampata.

Da qui, il passo al riferimento spicciolo su quante volte ci troviamo impelagati, nostro malgrado o meno, in situazioni di libero scambio emotivo/sentimentale/relazionale con gli altri, è stato brevissimo.

Ma è proprio così.

Ovviamente dal mio punto di vista.

Sicché ho pensato a quest’anno che è partito in un modo o’ famo strano ma migliora ogni giorno-o quasi-de’ più, al fatto che quei miei maledettissimi difetti se giro la frittata mi sembrino dei punti di forza e che, ironia della sorte (e la sorte è sempre un bel po’ ironica dalle mie parti) mi hanno distrutto le giornate ma me le hanno hanno un po’ svoltate.

E dato che spiattellare i fatti miei è diventato il mio sport autunno/inverno/primavera, ci faccio una Fantaclassifica , prendendo ognuno di questi punti come un buon proposito non solo per il duemiladiciassette, ma foreverandever nei secolideisecoliammén.

#1. So essere estremamente e stupidamente sincera

La sincerità è la cosa più bella del mondo ma spesso le persone non sono propense a sentire il tuo puntiglioso punto di vista sulla questione. A volte sono odiosa, sembra che stia su un piedistallo del cazzo, ma è tutto fittizio. È solo che sono una vera fan del libero scambio di opinioni, le mie e quelle degli altri. In società, però, dovrei darmi un tono e non sbadigliare se, per esempio, sono ad una boriosissima e noiosissima presentazione di un libro, perché a sto’ punto me ne rimanevo a casa e facevo un favore a me e all’ego dell’autore il quale, vedendomi sbadigliare, si convince di essere un intelletuale troppo aulico per finte radical-chic da pasta e patate come me. Tutto ciò è controproducente.

Il mio problema, poi, non sono nemmeno i pensieri o le parole; sono le mie facce, su quelle ci devo lavorare ancora un bel po’.

#2. Sono coraggiosa in ammore come non lo sono in nessun altro aspetto della mia vita

Prega qualsiasi divinità che io non mi innamori/invaghisca/rimanga colpita da te; ciò vuol dire che se anche tu conosci appena il mio nome io, prima o poi (più prima che poi, povero te), mi rivelerò, mettendoti anche una ‘ntecchia in crisi.

Precisiamo una cosa: non sono più la giovane ragazzina disillusa di un tempo che crede nel grande ammore/il principe azzurro/la casetta di marzapane ecc ecc… semplicemente ho sempre pensato che avere dei sentimenti verso qualcuno e non manifestarli fosse una cosa un po’ fessa, perché sono stata anni a sentirmi dire “ma lo sai che quando stavo in primo liceo mi piacevi/quando quella volta siamo rimasti da soli a parlare avrei voluto baciarti/tre anni fa mi piacevi molto ma non avevo il coraggio“… onestamente, non ditemelo a posteriori, non ha senso. Le cose belle si spiattellano e, se penso delle cose belle su di te… te le dico. Anche se forse non mi rendo conto che tu non sei pronto a sentirtele dire; anche se tu viaggi ad una velocità diversa dalla mia su questo trenino impazzito che non si capisce bene a quale stazione si fermerà mai. Egoisticamente io mi sono tolta un peso. Tu, se sei pronto agisci di conseguenza, altrimenti sappi che dal mio cuoricino pulsante arrivano dei battiti che, in qualche modo, ti faranno compagnia ugualmente. Si spera sempre più silentemente, perché sto riscoprendo l’importanza del cioncarsi le mani e la lingua e l’inutilità dell’accanimento terapeutico verso una situazione già chiara. Poi, quelli che dicono che il tempo serve hanno ragione… le cose cambiano, anche i battiti.

Però ricevere un (uno di nome e di fatto, non uno che ne sono dieci!) messaggio da una persona che ci ha voluto davvero bene, seppur non abbiamo potuto ricambiare questo bene, è un dono raro, una coperta da tenere in serbo per le notti più fredde e non lasciare nel dimenticatoio. Davvero ci credo che l’amore dato non sia sprecato e ti torni, in qualche modo.

#3. Confondo “uscire dalla comfort zone” con “complicarmi la vita”

Cresciuta con la sindrome del nessunomicapisce, inconsapevolmente o meno vado costruendo la mia realtà quotidiana complicandomi la vita, in nome del rifuggire dalla routine. Mio padre mi ha sempre ripetuto, in napoletano, un detto che tradotto dice più o meno “chi non ha una testa buona ha di sicuro dei piedi buoni“, il che vuol dire che se ti complichi la vita poi te la devi piangere da sola. Sante parole, in teoria.

Il fatto è che io sono spaventata da morire dalla routine, forse è perché abito con mio fratello che ha un disturbo ossessivo compulsivo diagnosticato e quindi vedo cosa significhi rimanere seriamente ingabbiati nelle abitudini; forse (e sarà soprattutto per questo) è perché fondamentalmente sono pigra e per costruire una routine sana ci vuole tanta forza di volontà. Non mi sto giustificando, sia chiaro: c’ho messo 28 anni a capire che abbiamo bisogno di routine e di sicurezze, che ci servono anche quando decidiamo di trasgredirle, perché di base ci donano serenità. E chi è sereno affronta ogni aspetto senza drammi anche quando i programmi saltano (o, almeno, si spera).

#4. “Ho sempre avuto pochissime idee, ma in compenso fisse” (citazione umile da Fabrizio De Andrè)

(io mi fisso… forte)

Se incomincio a fare mia una convinzione, qualunque essa sia, dall’essere categorica sul non gettare i mozziconi a terra al gettare il vetro dopo un evento al Club 33 Giri, quella è legge più legge delle leggi che noi fuckthesystem ribelli trasgrediamo. È così.

Come la mia fissazione ventennale, ormai, per Lorenzo Cherubini aka Jovanotti, o il mio amore, esclusivamente legato alla sua caratura culturale (sia chiaro!), per Alberto Angela. Sono stelle fisse incrollabili nel vasto cielo della mia mente contorta. Per esempio, per quanto riguarda il farmi passare un pallino così presente come quello di Alby, bisognerebbe farla proprio grossa: tipo che Alberto Angela dica pubblicamente che gli Etruschi siano stati dei coglioni. Ma non voglio nemmeno pensarci che già mi vengono i brividi.

Il brutto delle fissazioni è che chi non le ha come le tue non ti capisce… e chi le ha, sembra un invasato e ti spaventa. Nel mezzo ci sei tu, che spaventi quelli che non ne hanno e deludi per poco afflato quelli che ne hanno. Che amarezza.

 

La lista sarebbe ancora tanto lunga ma ho pietà di chi potrebbe leggere e poi c’ho ‘dda fà, indi per cui lascio il qrcode strafigo di quest’altra playlist, che ascoltavo mentre cercavo di mettere in ordine i miei pensieri.

Difettosi o no, la vita è bella over’ . Cià.

5irvwr8

La Tristezza sarà anche un ricatto, ma non è un Tabù

elgenioalegre

“e sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re…”

Se c’è qualcosa che non va, su questa faccia, la mia, lo leggi ad un chilometro di distanza.

E se lo leggi, e ti preoccupi, incominci a farmi domande su domande, a chiedermi cosa sia successo, perché stia così, se c’è qualcosa che si può fare per farmi stare meglio.

La risposta universale è No.

No, non è successo niente di particolare.

No, non so nemmeno perché stia così.

No, non puoi fare niente, nè tu nè io. Forse voglio stare in stand-by. Domani andrà meglio.

Dalle mie parti, e per le mie parti intendo la Contea della Panda, ovvero lo spazio fisico che ricopre la mia supercar, parcheggiata o in moto, ovunque lei sia; si è insinuato il Tabù della Tristezza: oggi mi sento da schifo, ma devo festeggiare come se avessi appena trovato cento euro a terra, sempre, ovunque, comunque.

Non è stata una scelta voluta ma è successo che me la sia autoimposta, col tempo.

Il mio migliore amico si lamentava perché non riusciva a reagire agli scazzi familiari?

Ma che sarà mai, almeno hai dei genitori.

Non riesci a studiare?

Eh, pensa a me che sono fuoricorso da mille anni.

Naso chiuso, raffreddore?

Perché ti lamenti se non sei nemmeno allergico? Il raffreddore passa, l’allergia no.

Diciamo che è una politica non solo controproducente, ma anche un bel po’ fessa.

Studi scientifici dimostrano che minimizzare i piccoli-o grandi-dolori da niente che provano gli altri in nome di un’allegria forzata non porta al risultato ottenuto, anzi. Va a finire che nessuno ti racconti più niente perché tu stai lì col tuo dito puntato a far sentire gli altri dei lagnoni.

La vera rivoluzione è che lagnarsi per una sera è cosa buona e giusta. Per due sere è dovuto. Per tre, allora, fammi puntare tutte le dita da maestrina del cazzo perché mi stanno sanguinando le orecchie a furia di sentirti.

E rimanere a casa, per far soffriggere a fuoco lento quella sensazione di torpore che ti ricopre tristemente i pensieri, va bene. Io ora lo vedo come un atto d’amore per se stessi, proprio come truccarsi, lavarsi i capelli, comprare un paio di stivali col tacco che ti fanno sentire figa.

“Stasera non esco, non insistete, voglio far rosolare il pensiero che a quasi 29 anni vivo ancora con i miei; poi me lo magno, stanotte digerisco e domani mattina mi sentirò meglio”.

Anche se ciò non cambia materialmente la condizione che mi rende afflitta, con i miei ci vivo ancora e non so fino a quando (ma era per dire).

Quando vidi Inside Out mi commossi tantissimo, perché, finalmente, Tristezza veniva vista con la sua veste migliore. Sembra una di quelle frasi zen da due soldi, ma a me serve una settimana di pioggia (o anche meno, forse…) per capire quanto sia meraviglioso uscire di casa con i miei cani al tramonto.

Ma io non faccio testo, spero che a voi serva di meno, onestamente.

qr-code-01022017
A questo giro ho lo smartofono rotto e non posso provare subito che questo Qrcode funzioni, quindi dato che ho fatto una mirabolante playlist anche oggi, metto anche il link qui sotto: